Il branded entertainment è in mano ai Millennial (78%), ma non chiamateli influencer: chi sono i creator-artisti che riscrivono le regole dell’intrattenimento

Set 10, 2025 | Comunicati Stampa

Nati inizialmente per mantenere i contatti con amici e familiari, oggi i social network sono sempre più utilizzati come alternativa alle fonti di intrattenimento tradizionali. Gli utenti si posizionano infatti di fronte allo schermo dello smartphone anche per riempire il tempo libero (39%), scoprire nuove storie (34%) e cercare contenuti di qualità (30%), dagli approfondimenti ai video, guardati ogni giorno dal 92% degli utenti con accesso a internet. Tra questi, a catturare maggiormente l’attenzione sono i video musicali (49%), seguiti da contenuti virali, meme e comedy (35%), a dimostrazione di quanto l’intrattenimento rappresenti oggi una delle leve più potenti della fruizione digitale. Ma chi realizza questi video che fanno ridere, emozionare o che diventano virali nel giro di poche ore, popolando i feed di milioni di utenti? 

La risposta non è così scontata. Dietro a quei minuti di intrattenimento ci sono sempre più spesso professionisti con esperienze artistiche consolidate, talenti che hanno saputo tradurre linguaggi teatrali, televisivi o performativi in un nuovo formato digitale che si può trasformare in branded entertainment, facendo così dell’intrattenimento un motore di marketing”, spiega Francesco Rellini, Co-Founder e Head of Business di Wonty Media, agenzia di talent management e factory di creatività digitale focalizzata su comedy e diversity & inclusion. “Non improvvisati, dunque, ma creator capaci di unire ironia e tecnica, spontaneità, pianificazione e strategia, dando vita a un ecosistema che sta diventando molto più complesso e strutturato di quanto suggerisca lo stereotipo dell’influencer al quale siamo abituati”.

Il branded entertainment che smonta gli stereotipi: largo agli artisti-creator

Per approfondire il tema e smontare gli stereotipi spesso associati ai creator, Wonty Media ha condotto un’analisi interna che esplora tre dimensioni: l’identità generazionale dei talent, la distribuzione geografica del branded entertainment e il rapporto tra presenza online e performance offline, tracciando così, da un punto di vista privilegiato, un quadro aggiornato del settore.

Sui social non c’è solo la Gen Z: il 78% del branded entertainment è in mano ai Millennial

Quando si parla di creator e influencer, l’immaginario comune corre subito alla Generazione Z: giovanissimi alle prese con smartphone e social network, padroni dei trend e del linguaggio digitale. Eppure, i dati raccontano una storia diversa, soprattutto quando si entra nello specifico del branded entertainment. Secondo l’analisi condotta da Wonty Media, infatti, l’età media dei talent coinvolti nel settore è di poco superiore ai 36 anni. Nel dettaglio, i Millennial rappresentano la fetta più ampia, con una prevalenza del 78%, seguiti dalla Generazione X, che raggiunge un significativo 12%. La Gen Z, spesso considerata protagonista indiscussa del digitale, qui si ferma al 9%, mentre i Boomer sono una minoranza marginale, con appena il 2%.
Quello dei social non è quindi un fenomeno guidato solo da nativi digitali, ma anche un terreno in cui la maturità professionale e l’esperienza giocano un ruolo determinante, soprattutto nell’ambito del branded entertainment, dove a fare la differenza sono professionisti più maturi, capaci di unire competenze artistiche e capacità strategiche.

Roma capitale del branded entertainment (62%), ma i creator arrivano da tutta Italia

Se Milano è tradizionalmente percepita come la capitale italiana della tecnologia e del business, quando si parla di branded entertainment il baricentro si sposta verso il Centro Italia. I dati elaborati da Wonty mostrano infatti come sia Roma a detenere il primato, con il 62% dei talent residenti nella capitale. E non è un caso: la città porta con sé un’eredità culturale e creativa unica, legata a Cinecittà, al cinema e all’audiovisivo: un legame naturale tra tradizione artistica e nuovi linguaggi digitali che ha fatto della Città Eterna il cuore pulsante di una scena che mescola entertainment classico e content creation contemporanea. Sul podio anche Milano (24%), che resta un centro importante grazie al suo ecosistema economico e al ruolo di hub per aziende e brand, e Napoli (7%), che conferma una vitalità creativa che negli ultimi anni ha trovato nuove strade proprio nei formati digitali.
Il quadro si allarga però ben oltre le grandi città: anche se a livello regionale la concentrazione più alta resta nel Lazio (64%), seguito da Lombardia (26%) e Campania (7%), la rete dei creator si estende anche ad altre regioni, come Umbria (Perugia e Terni), Puglia (Bari e Lecce), Toscana (Pisa e Pistoia), Sicilia (Catania), Emilia-Romagna (Parma) e Piemonte (Torino), a conferma di un tessuto nazionale sempre più ramificato. Una panoramica, questa, che sottolinea come il branded entertainment non sia più appannaggio esclusivo dei grandi hub metropolitani, ma un fenomeno che cresce anche in province medio-piccole, diventando un linguaggio che appartiene a tutto il Paese.

Dal palco ai social (e ritorno): il nuovo linguaggio che unisce ribalta digitale e scena tradizionale

Il branded entertainment vive in un territorio di confine unico: quello tra il palcoscenico tradizionale e la ribalta digitale. I dati analizzati da Wonty raccontano chiaramente questa doppia anima: se da un lato il 60% dei creator si dedica al comedy sui social, dall’altro una parte significativa continua a muoversi anche in contesti non digitali. Il 40% è infatti attivo tra palchi ed eventi dal vivo, il 33% si cimenta come host e il 31% lavora come attore o attrice.
Questa contaminazione dei linguaggi nasce dal doppio percorso dei creator: alcuni provengono dal mondo artistico tradizionale e hanno trovato nei social un palcoscenico libero e accessibile; altri sono cresciuti online, sviluppando stile e community, per poi approdare a esperienze offline. In entrambi i casi si crea un circolo virtuoso tra digitale e reale, dove talenti, pubblici e linguaggi si intrecciano, rendendo possibile vivere di arte in modi prima impensabili.

È proprio in questo continuo scambio tra online e offline che il branded entertainment trova la sua forza”, conclude Francesco Rellini. “Mai come oggi si può parlare di un’epoca in cui l’intrattenimento diventa marketing e fa marketing: il contenuto non è solo veicolo di engagement, ma anche performance artistica basata su studio, pianificazione e professionalità. I social hanno reso possibile ciò che fino a pochi anni fa sembrava un privilegio per pochi: vivere di arte. Così, il branded entertainment non si limita a creare valore per i brand, ma restituisce anche dignità e nuove prospettive a una generazione di artisti che, grazie al digitale, ha potuto trasformare il talento in carriera. In questo percorso Wonty si pone come precursore e portavoce del trend, promuovendo contenuti di qualità che non solo intrattengono, ma premiano l’arte e la professionalità, valorizzando il lavoro creativo dei talent”.

Comunicato stampa di Press Play per Wonty Media